Salire alle malghe significa, per chi proviene da altri contesti socio-economici, immergersi in una diversa dimensione del tempo, dove ogni fase del lavoro non è scandita dalla frenesia del quotidiano, ma dal lento volgere del tempo secondo i ritmi della natura.Ci si sente liberi vagabondi erranti della montagna, in cerca di nuove esperienze e di qualcosa di diverso da raccontare al rientro a valle.
Esplorare per conoscere le nostre radici culturali e, in contesti tecnologici inaspettati, trovare ancora la presenza ed il quotidiano utilizzo di attrezzi di cui non conoscevamo nemmeno l’esistenza. Lo spino “glove”, la lira “ghitare”, la spannarola “cjace forade”, il tavolo di pressatura “tabio” sono solo alcuni esempi di attrezzature casearie tradizionali ancora largamente utilizzate dai casari in quota della nostra terra. La caldaia sospesa in rame “cjalderie dal formadi”, il caratteristico telaio girevole “musse”, i teli “teles dal çuç” ed i sacchetti della ricotta “sachets da scuete” completano il corredo indispensabile per trasformare il latte in malga.
Trascorrere un giorno sull’alpe non è solo attività fisica fine a se stessa, ma una occasione per avvicinarsi e capire questo mondo, scrigno di saperi e saggezza popolare da custodire con rispetto ed orgoglio nel tempo.